Apocalypse Now Redux
(Apocalypse Now Redux, 2001)
Regia: Francis
Ford Coppola
Produttore:
Francis Ford Coppola, Kim Aubry per la versione Redux
Sceneggiatura:
John Milius, Francis Ford Coppola, Michael Herr
Soggetto: ispirato
al romanzo di Joseph Conrad, Heart of darkness
(1899)
Co-produttori:
Fred Roos, Gray Frederickson e Tom Sternberg
Direttore della
fotografia: Vittorio Storaro
Scenografia: Dean
Tavoularis, Angelo P. Graham, George Nelson
Montaggio: Richard
Marks, Walter Murch, Gerald B. Greenberg e Lisa Fruchtman
Suono: Walter
Murch
Musiche: Carmine
Coppola e Francis Ford Coppola, Mickey Hart, The End (The Doors),
Cavalcata delle Valchirie (Richard Wagner), Suzie Q (Dale Hawkins)
Costumi: Charles
E. James
Durata: 196
min
Interpreti: Marlon
Brando (colonnello Kurtz), Robert Duvall (tenente-colonnello
Kilgore), Martin Sheen (il capitano Willard), Frederic Forrest
(Chef), Albert Hall (Chief), Sam Bottoms (Lance), Laurence Fishburne
(Clean), Dennis Hopper (il fotogiornalista), G.D. Spradlin (il
generale), Harrison Ford (il colonnello), Jerry Ziesmer (il civile),
Scott Glenn (Colby), Chyntia Wood (Playmate dell'anno), Colleen Camp
(Playmate Miss Maggio), Linda Carpenter (Playmate “Miss Agosto”),
Christian Marquand (Hubert de Marais), Aurore Clément (Roxanne
Serrault), Michel Pitton (Philippe de Marais), Franck Villard (Gaston
de Marais), David Olivier (Christian de Marais), Chrystel Le
Pelletier (Claudine), Robert Julian (le tuteur), Yvon Le Seaux (le
sergent Lefevre), Roman Coppola (Francis de Marais), Giancarlo
Coppola (Gilles de Marais).
Premi e Festival:
Apocalypse Now: Palma d'Oro e Premio FIPRESCI al Festival
Internazionale del Film di Cannes nel 1979; Golden Globe per Miglior
regia, Miglior attore non protagonista a Robert Duvall, Miglior
colonna sonora nel 1980; Premio Oscar per Miglior fotografia a
Vittorio Storaro e Miglior sonoro a Walter Murch nel 1980; Premio
BAFTA per Miglior regia e Miglior attore non professionista a Robert
Duvall nel 1980; David Donatello per Miglior regista straniero nel
1980. Apocalypse Now Redux: Prima Mondiale al Festival
Internazionale del Film di Cannes nel 2001.
Breve sinossi: È
il 1969. Il capitano Willard è a Saigon, mentre
imperversa la guerra del Vietnam, per compiere una missione speciale:
egli dovrà risalire il fiume Nung, nella giungla cambogiana, per
scovare il colonnello Kurtz, apparentemente impazzito, affrancatosi
dall'esercito per costituire un proprio impero dove è adorato da una
folta schiera di indigeni e di protetti, una sorta di armata
personale ostile al potere americano. Una volta insidiatosi tra le
sue file dovrà porre fine al suo comando uccidendolo senza scrupoli.
Inizia così per il capitano Willard un vero e proprio viaggio
nell'inferno della guerra del Vietnam, punteggiato dall'incontro di
personaggi surreali come il tenente colonnello Kilgore che, sulle
note della Cavalcata delle
Valchirie di Wagner, distrugge col napalm ettari di foreste
e villaggi abitati da civili vietnamiti, mentre invita i “suoi” a
fare surf tra le granate che esplodono sul campo di battaglia. Una
volta lasciato il “ciclope” Kilgore, Willard e il suo equipaggio
proseguono il loro viaggio mitico attraverso una guerra rock and roll
e psichedelica, sempre più folle ed insensata: playmates venute dal
cielo si esibiscono per “ritemprare” lo spirito dei soldati,
mentre antichi coloni francesi, impiantati nell'angolo più remoto
della giungla, rimembrano gli anni d'oro della colonizzazione
francese in Indocina. Una volta superato l'ultimo baluardo militare
americano, Willard incontrerà finalmente il colonnello Kurtz, già
da tempo ammalato ed in cerca di colui al quale affidare le sue
memorie e il suo pensiero, fatto di umanità ed orrore, fierezza e
crudeltà, saggezza e follia... Un sacrificio e un rituale cruenti
suggelleranno la morte di Kurtz e la “rinascita” di Willard.
Apocalypse Now Redux
fu presentato fuori concorso a Cannes nel 2001 in una veste rinnovata
rispetto alla versione originale del 1979, trattandosi di una
pellicola più lunga di 53 minuti valorizzata da un restyling al
Technicolor e da un potenziamento sonoro ottenuto grazie al missaggio
in Dolby Digital Sorround.
É significativo
riconoscere come alcune dichiarazioni di Coppola, a proposito
dell'imminente uscita del film nel 1979, potessero rivelarsi
profetiche vent'anni dopo, alla luce degli eventi che si sarebbero
prodotti esattamente quattro mesi dopo la presentazione del film a
Cannes, l'11 maggio 2001, ovvero l'attentato al World Trade Center di
New York dell'11 settembre. Fotografare questi due avvenimenti e
metterli in relazione consente di cogliere uno snodo fondamentale
all'interno dello “zeitgeist” dell'epoca e di gettar luce sullo
statuto dell'immagine nel cinema di Coppola.
Nel lontano, ma forse non
troppo, 1979 il regista (prima di essere incensato con la Palma
d'Oro), in un'intervista esclusiva1,
dichiarava che con Apocalypse Now aveva voluto combinare un
film “catastrofico” con un soggetto difficile di matrice
filosofica, sottolineandone il potere sociale e affermando che un
film spettacolare e un feuilleton popolare alla televisione
potevano creare un governo e mantenerlo al potere. In questo senso
Apocalypse Now manifestava una vocazione politica: «dà
al pubblico esattamente ciò che vuole ma con un obiettivo che non
suppone [...] Cerco di
fare un film che la gente voglia andare a vedere, e tuttavia li
porterò là dove si sentiranno a disagio [...].
Non so cosa capiterà con questo film tanto esce dall'ordinario [...]
per l'idea di Bene e di Male che vi è sottesa […].
Tratta delle persone e della morale […].
Le persone si battono fino alla morte per la loro idea di Bene
e di Male […]. Si
comincia a riflettere e a chiedersi se tutto ciò è veramente Bene o
Male, vero o falso [...].
Forse la morale è relativa, la morale è come la gravità, qui
appare logica ma laggiù non ha più senso. Laggiù è la guerra».
Se caliamo tali
dichiarazioni nello scenario “apocalittico” (anche nel senso più
triviale del termine) dell'11 settembre, non potremo disconoscerne la
grande attualità: l'impatto dei due aerei di linea sulle torri del
WTC e il loro conseguente crollo fu prima di tutto un grande
spettacolo mediatico e, per parafrasare le parole di Coppola citate
sopra, di carattere catastrofico al quale il “pubblico” era
preparato e che forse attendeva con l'ansia famelica delle
premonizioni che non si sono ancora avverate, premonizioni alimentate
dalla propaganda e dall'azione strategica degli apparati di sicurezza
nazionale. L'11 settembre è stato l'occasione per perpetrare una
guerra in nome del Bene contro il Male, materializzatosi nel
terrorismo di matrice islamica, nuova minaccia cui far fronte, anche
coi mezzi della guerra preventiva.
La compresenza del film
di Coppola e dell'attentato del WTC, in quel fatidico inizio di terzo
millennio, offre anche l'occasione per evidenziare l'asse del
passaggio progressivo da una concezione dominante di una minaccia
all'altra, per la cui elaborazione si è mobilitata l'industria
americana della produzione strategica e l'industria dell'immagine:
alla minaccia sovietico-comunista cui rimanda Apocalypse Now,
in cui la guerra del Vietnam è presentata come «esperienza
collettiva del male nel nome della grande strategia della lotta
contro il comunismo»2,
passando attraverso quella rappresentata da Saddam Hussein, succede
quella delle «reti
clandestine»3,
in primis
il terrorismo di matrice islamica.
Con l'11 settembre tale
minaccia si è verificata di fatto4,
e lo schermo della fiction che si frapponeva tra il pubblico e le sue
paure, si è dissolto. Ciò ha determinato la sensazione, da parte
della popolazione, di essere in un film, di non saper più
distinguere il vero dal falso. Anche la morale, nella pretesa
identificazione del Male con un nemico “esterno”, ha cominciato a
vacillare nel momento in cui si è riconosciuto che l' “invenzione”
di un Asse del Male coincideva
con i desideri dell’industria degli armamenti, delle agenzie
d’intelligence, del cosiddetto “complesso militare-industriale”.
L'11 settembre la guerra non è stata combattuta
oltremare, in un Vietnam esotico ed ostile, ma la sua follia
mortifera si è prodotta in seno alla più grande potenza mondiale e,
secondo l'ipotesi più estrema, in nome di una morale fondata sul
diritto militare invece che su quello civile e che, pur di
«proteggere il modo di vita
americano»5,
ha condotto all'immolazione di una parte della popolazione, in
un gioco auto-sacrificale atto a rifondare l'identità della nazione.
Anche in Apocalypse
Now è presente questo aspetto auto-sacrificale e rifondativo
nell'ultima sequenza del film, in cui Kurtz si fa ammazzare per mano
di Willard. Il suo sacrificio “rituale” determina la “rinascita”
del capitano, come si evince nella scena simbolica in cui Willard
emerge dalle acque, con il volto trasfigurato in una maschera di
guerriero: l'assassino Kurtz («Io
ho visto l'orrore, l'orrore che tu hai visto. Ma non hai il diritto
di chiamarmi assassino. Hai il diritto di uccidermi, hai il diritto
di fare ciò. Ma non hai il diritto di giudicarmi») trova il
proprio riscatto attraverso il sacrificio di sé ed è questo
l'inquietante messaggio di salvezza di cui Willard, l' “uomo
nuovo”, si fa ambasciatore. Il sacrificio di sé diventa, dunque,
il presupposto imprescindibile per il proprio riscatto e per
rifondare e perpetuare la propria identità o memoria.
Tale messaggio è
rintracciabile nel film su scala più ampia e coinvolge, questa
volta, non la sfera individuale-simbolica ma il corpo dell'esercito,
costituendo lo spunto per la trama, ovvero la spedizione segreta del
capitano Willard in Cambogia con l'obiettivo di uccidere il
colonnello Kurtz, uno che ha scelto un'altra via, un altro
linguaggio, un'altra Legge rispetto al diritto, alla disciplina e
all'ordine militare. Il colonnello Kurtz, al pari del
tenente-colonnello Kilgore, semina morte e distruzione «senza
metodo» ma, a differenza
di quest'ultimo, si è affrancato dall'esercito, divenendo un
dissidente, una “cellula impazzita”, costituendo non tanto una
minaccia per i contingenti militari americani quanto per la
credibilità dell'immagine della guerra in patria. Il suo sacrificio
è indispensabile al fine di preservare tale immagine e continuare a
dirigere l'opinione pubblica.
É in questo senso che
Coppola ci offre una chiave di lettura per interpretare la guerra
imperialista condotta dagli Stati Uniti: essa fonda la propria
legittimità su un atto auto-sacrificale ed è, prima di tutto, una
guerra “narcisistica”, combattuta contro un nemico interno, che
assume le sembianze del doppio. Sono numerosissime le occasioni in
cui la figura simbolica del doppio viene evocata e cristallizza il
senso del film. Oltre alla specularità delle figure Kilgore/Kurtz
cui si è accennato, la prima scena del film ne racchiude il senso:
Willard è in una stanza d'albergo a Saigon in attesa di attendere
gli ordini della missione cui è stato preposto. In uno stato
allucinato osserva la sua immagine allo specchio e contro di essa
sferra un pugno ferendosi la mano e cospargendo inavvertitamente il
proprio corpo di sangue. Il fantasma del doppio s'impossessa anche
dell'identità del nemico che viene nominato con l'appellativo
Charlie. Il nomignolo affibbiatogli, per la sua connotazione
heimlich, testimonia certamente di un'operazione strategica
volta al suo “addomesticamento” per esorcizzarne l'alterità
insondabile ma, allo stesso tempo, Charlie è, in Heart of
Darkness di Conrad, al quale Apocalypse Now è ispirato,
il nome proprio del capitano Marlow, i.e. Willard nel film. Ancora,
nella scena della piantagione francese, assente nella versione del
1979 e aggiunta integralmente nella versione Redux, Roxanne
rivela a Willard che dentro di lui risiedono contemporaneamente
l'amore e l'odio.
Le immagini dell'11
settembre, nella loro fulgida e irrefutabile evidenza, sono il
manifesto della sindrome del nemico interiore e della lotta col
doppio: ciò cui, all'unanimità, abbiamo assistito è stato lo
spettacolo dello schianto di due aerei di linea americani contro i
simboli dell'impero economico e finanziario americano: le torri
gemelle del WTC. Il nemico (in quanto minaccia esterna) era, di
fatto, invisibile.
Non diversamente in
Apocalypse Now il nemico “dichiarato”, il Viet Cong, è
invisibile: gli unici vietnamiti o cambogiani che vediamo sono dei
civili, fantasmatiche comparse che scorrono sullo sfondo dello
schermo o vittime inermi colte in disperati tentativi di autodifesa.
L'“assenza” del nemico è la dichiarazione, da parte del regista,
che la guerra del Vietnam è stata prima di tutto una guerra di
conquista imperialista.
Tuttavia tale guerra è
stata combattuta e alla fine vinta dal Vietnam del Nord e dalle forze
del Fronte di Liberazione Nazionale con il sacrificio di oltre tre
milioni di morti tra vietnamiti, cambogiani e laotiani. Ma Coppola ha
rinunciato a descrivere o ad addentrarsi nell'alterità radicale dei
combattenti dell'altro fronte, circoscrivendo il mirabolante viaggio
di Willard al palcoscenico dell'isteria americana, all'imagerie
che ruota attorno alla guerra del Vietnam, con gli armamenti, gli
elicotteri, la musica rock, le droghe e la psichedelia. Coppola ha
scelto di rimanere al di qua del “fronte” e in questo risiede la
problematicità del film.
Nelle intenzioni del
regista Apocalypse Now non doveva essere un film documentario
ma «su come l'America fa
le cose, un grande show»6.
Purtuttavia l'impressione è che, nonostante la volontà di denuncia,
difficilmente Apocalypse Now si possa considerare un film
antimilitarista, rischiando semmai di divenire un'ennesima apologia
della guerra7.
Quasi interamente finanziato dallo stesso Coppola che, dopo il
successo de Il Padrino (The
Godfather, 1972) e Il Padrino-Parte II (The Godfather:
Part II, 1974) aveva costituito un vero e proprio impero, capace
di concorrere con gli studios di Hollywood in quanto a
capacità produttive, il film doveva innanzitutto soddisfare esigenze
da botteghino: «Ci ho
messo dentro di tutto, sesso, violenza, humour. È volgare, puro
intrattenimento, eccitante, pieno di azione. Volevo che le persone
venissero a vederlo»8
. Dunque la disposizione del regista nei confronti della sua opera
era molto simile a quella di un impresario dello spettacolo. La
follia devastatrice della guerra, raccontata attraverso un linguaggio
surreale e attingendo al repertorio del film di genere, rischia di
essere presentata “benignamente” come esperienza euforica,
viaggio allucinato, piuttosto che teatro di atrocità e crudeltà,
piattaforma ineluttabile del dramma umano.
Per cui è lecito
domandarsi se Apocalypse Now non si allinei in un certo qual
modo alla produzione hollywoodiana, fortemente embricata al potere
istituzionale, con esso costantemente in dialogo e spesso volta a
sostanziarne il pensiero strategico attraverso «una
descrizione della guerra americana che non rende conto della sua
realtà ma che la completa rendendola accettabile, rendendo
eufemistica la sua terribile efficacia tecnologica e strategica»9.
Sebbene Coppola abbia affermato a più riprese che Apocalypse Now
non fosse un film strettamente sul Vietnam (ma esperienza interiore,
viaggio allegorico-filosofico ove l'uomo si confronta con le proprie
paure), ciò non toglie che il Vietnam c'è e il rischio è stato
quello di non render conto della sua realtà ma di farla evaporare
nel mito e di «creare una
storia alternativa immaginata e trasformata in spettacolo collettivo
che costituisce un universo mentale ove l’attualità strategica è
giocata o rigiocata, dove può essere dibattuta e perfezionata»
10.
Il pensiero strategico,
d'altra parte, gioca ininterrottamente sulla ibridazione,
l'oscillazione, la compenetrazione tra realtà e finzione, realtà e
immagine cinematografica. Apocalypse Now e l'attentato dell'11
settembre sono due eventi che testimoniano dell'ambivalenza di realtà
e finzione. L'attentato dell'11 settembre fu l'avveramento di un film
catastrofico: l'avvenimento in cui si dava concretezza e densità
all'immagine cinematografica.
D'altro canto, come in un
destino incrociato, le vicende di produzione di Apocalypse Now,
film di denuncia sulla guerra in Vietnam, testimoniano della
“partecipazione” di Coppola ad una guerra reale, quella condotta
dal presidente filippino Marcos contro i ribelli comunisti
rifugiatisi nelle isole meridionali delle Filippine11.
Poiché la U.S. Army si rifiutò di collaborare alla produzione del
film, Coppola decise di girarlo nelle Filippine e trovò in Marcos un
alleato, a sua volta sostenuto dalla CIA e dallo State Department.
Per girare alcune scene, tra cui quelle in elicottero, Coppola
affittò i mezzi filippini. Sul set era sempre presente un generale
delle forze aeree che, nell’evenienza, avrebbe sottratto (come di
fatto avvenne) i velivoli a Coppola per andare a combattere la guerra
contro i ribelli. Portando il discorso all’estremo si potrebbe dire
che, per rendere possibile la realizzazione di Apocalypse Now,
Coppola foraggiò simbolicamente, seppur indirettamente, una vera
guerra anticomunista.
Egli affermò che il
fatto di essere un regista, di autoprodurre un'opera dal budget
stellare di 13 milioni di dollari (cifra che aumentò notevolmente in
corso di produzione fino a raggiungere il tetto dei 30 milioni di
dollari) e di essere lontano in un paese orientale, lo faceva sentire
in uno stato simile a quello di Kurtz12.
Ebbene, se trasferiamo la metafora sul piano della produzione
cinematografica, potremmo paragonare Coppola al produttore dispotico
di una Piccola Hollywood di cui egli fu il meneur du jeu e che
si contrapponeva alla Grande Hollywood ma che di questa condivideva
molti aspetti, tra cui il côté
spettacolare, megalomane, estetizzante e anestetizzante...
di Rebecca Amanda Snyder
di Rebecca Amanda Snyder
1
L. Bloch-Morhange, D. Alper, Entretien avec Francis Ford
Coppola in «Cahiers du
cinéma», Juillet-Août 1979,
pp. 7-24
2J.-M.
Valantin, Hollywood, le Pentagone et le monde. Les trois acteurs
de la stratégie mondiale, Autrement Frontières, Paris 2010, p.
35
3Ibidem
4J.-M.
Valantin, Hollywood, le Pentagone et le monde. Les trois acteurs
de la stratégie mondiale, cit., p. 133
5Cit.
in J.-M. Valantin, Hollywood, le Pentagone et le monde. Les trois
acteurs de la stratégie mondiale, cit. p. 132. Si tratta di una
battuta pronunciata nel film Swordfish (Dominic Sena, 2001),
uscito in sala un mese prima dell'11 settembre, dal capo di una
cellula nera dell'FBI impegnata in una guerra segreta volta alla
perpetrazione di attentati terroristici contro fittizi «nemici
d'America» per legittimare la guerra e «proteggere il modo di vita
americano».
6Sono
le parole rivolte a Vittorio Storaro sul set di Apocalypse Now
nel documentario Hearts of Darkness: A Filmmaker's Apocalypse,
realizzato nel 1991da F. Bahr e G Hickenlooper a partire dal
materiale amatoriale girato da Eleonor Coppola sul set del film
7C.
Zimmer, «Apocalypse
Now» ou la fuite dans le symbole in
«Manière de voir 88», Août-Septembre 2006, pp. 36-39,
consultabile anche sul web al sito:
http://www.monde-diplomatique.fr/mav/88/ZIMMER/13691
8Dal
documentario Hearts of Darkness: A Filmmaker's Apocalypse,
cit.
9J.-M.
Valantin, Hollywood, le Pentagone et le monde. Les trois acteurs
de la stratégie mondiale, cit., p. 5
10Ivi,
p. 9
11Dal
documentario Hearts of Darkness: A Filmmaker's Apocalypse,
cit.
12Ibidem
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